14 ragazze rifugiate partecipano al Corso per Aiuto cuoco organizzato dalla Scuola di formazione professionale IL FARO. Un Corso di cucina davvero particolare dove un piccolo ma importante spazio è stato dato al Teatro. La cucina e il palco, luoghi di incontro e condivisione dove il gruppo di ragazze provenienti da 11 stati dell’africa, dalla Bosnia, dall’Ucraina e dall’Afghanistan, hanno dato vita ad un percorso di condivisione e inclusione con l’aiuto delle insegnanti di cucina e di teatro. Un gruppo di sole donne dove anche il nostro sguardo femminile ha preso parte a questo gioco pieno di scoperte e sorprese…
Interventi di Daniela Di Capua (Direttrice del Servizio Centrale SPRAR) e Mario Morcellini (Professore Ordinario in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi della Università di Roma La Sapienza) in occasione della presentazione del video.
“Io sono una cinefila sfegatata… trovo che il film sia fatto così bene che diventa proprio uno strumento per trasmettere esattamente quello che è avvenuto nel corso di questo laboratorio, di questo esperimento, di questi incontri […]. Una grossa pecca di noi che lavoriamo nel sociale è quella di dare pochissima importanza alla forma, cioè alla forma in cui rappresentiamo i contenuti che vogliamo trasmettere e invece nell’arte, nella comunicazione artistica, il mezzo con cui si descrivono anche esteriormente i contenuti, può esaltarli, valorizzarli e può farli arrivare ancora di più al cuore. E siccome il nostro scopo, il nostro difficile scopo, è quello di toccare il cuore non di chi già lavora sul campo, ma il cuore e anche la mente di chi non è interessato al tema, o ha dei pregiudizi, o è ignorante, allora la forma è sicuramente molto importante. Questo film è molto interessante penso che bisognerebbe utilizzarlo, diffonderlo, trovare delle occasioni al di fuori di quelle per addetti ai lavori”. Daniela Di Capua
“Ci sono molti sorrisi… Quello da cui vengono (le rifugiate n.d.r.) rende il sorriso un lusso eppure anche quando c’è dolore (e qui è stato fantastico il modo in cui è stato raccontato un dolore individuale: senza approfondirlo, senza indugiare…) ci fermiamo, abbiamo solo capito che il dramma c’è stato… Ma il sorriso è l’arma comunicativa che ci viene restituita. E il sorriso disarma e forse disarma persino l’insensibilità di chi pensa di poter vedere il dolore degli altri e accontentarsi di aver fatto lo spettatore. Noi abbiamo bisogno di un’informazione che ci spinga a fare qualcosa in più. E quindi “L’ospite atteso” è un progetto di comunicazione che posso definire – se posso fare il professore – perfettamente riuscito”. Mario Morcellini